Futtitinni (titolo completo Futti futti ma nun ti fari futtiri)

Con Valerio Castriziani e Tommaso D’Alia, testo di Tommaso D’Alia, Giovanna Malaponti e Valerio Castriziani, Regia di Tommaso D’Alia

E’ andato in scena, nell’Aula Magna del Liceo Ginnasio “Mario Cutelli e Carmelo Salanitro”, all’interno delle proposte per le scuole del Fringe Festival Catania, uno spettacolo inusuale, a metà tra il cuntu, il teatro di narrazione e il teatro fisico.

Già andato in scena nella scorsa stagione del Fringe festival (nel quale ha ricevuto molte menzioni speciali), “Futti futtitinni man non ti fari futtiri” è un ritratto della Sicilia che affronta temi di unione e disunione, cercando di evadere dai pregiudizi sociali e di costruire un pensiero più ampio, radicato nella quotidianità.

“Parla di Mafia, ma anche di nonna Pia, di morti e di vivi che lottano per un futuro diverso. Un testo che salta continuamente tra passato e presente, mettendo a confronto la vera mafia con quella quotidiana. In questo viaggio, la Sicilia emerge come terra di cibo, bellezza e altre contraddizioni.

Goethe scriveva: “L’Italia senza la Sicilia non lascia nello spirito immagine alcuna”.

La Sicilia è la chiave di tutto, con la sua purezza, la sua morbidezza, la sua armonia.

Tra cielo, mare e terra. L’arancino diventa simbolo di un’esperienza che parte dal calore della terra e della famiglia, ma che si scontra anche con le ombre del quotidiano. Una riflessione intensa, senza filtri, accompagnata dalla musica dal vivo, parte integrante, che racconta la lotta per un domani diverso” (note di regia)

In scena per cinquanta minuti, senza mai prendere fiato, Tommaso D’Alia, come un cantastorie d’altri tempi, ripercorre i sanguinosi fatti della stagione delle stragi di mafia degli anni Novanta, alleggerendo il racconto con tasselli che riguardano la sua famiglia, in particolare la Nonna, donna austera e terribile col nonno, più tenera col nipote. I frammenti di una storia conosciuta sono presentati al pubblico come fotogrammi che scorrono velocissimi spinti dalla voce, dal canto, dai movimenti di D’Alia e dal commento, a volte straniante, dei vari strumenti suonati dal vivo da Valerio Castriziani. La narrazione si arricchisce di interventi dialettali e intonazioni gergali, di gramelot e mimica ma anche di momenti drammatici come l’interrogatorio attraverso il quale si ricorda la brutalità del rapimento e dell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo.

La teatralità articolata e ricca di questa pièce si serve di un contatto diretto con lo spettatore, chiamato in causa in un dialogo che ha lo scopo della satira e l’effetto mirato dell’arte del palcoscenico. Così la metafora dell’arancino, che l’attore sulla scena riesce proprio a farci vedere, quasi assaporare,  serve a spiegare come agisce e come è composta “cosa nostra” (la piramide di cui parlava Buscetta a Giovanni Falcone).

Così si comprende il significato del titolo del testo, un take it easy che si riduce in siciliano alla massima “futtitinni”, perché tanto tutto rimane com’è, perché bisogna conoscere e bisogna scegliere, perché il teatro ha un alto valore civile ed educativo.

Si ride, si sorride, si inorridisce e si impara cosa è stata ed è la mafia in Sicilia e non solo in Sicilia.

 

 

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