Ancora un Fringe OFF a Catania, ancora un successo

Cosa succede a Catania nel mese di ottobre?  Cosa succede da quattro anni in città?

Succede che si mette in moto il popolo del Fringe Festival. La città si trasforma in un grande palcoscenico “diffuso”, con teatri tradizionali e spazi alternativi che  ospitano spettacoli, performance, installazioni e incontri, feste. La città si mette in moto e cittadini e turisti si muovono da un teatro all’altro, con le brochure in mano,  per seguire orari e location degli eventi che più hanno attirato l’attenzione. Ormai i catanesi sanno cos’è il Fringe, lo aspettano e sanno che ci si deve muovere, che nell’arco di due settimane si può assistere a più di sessanta spettacoli che si alternano.

Il Fringe Catania OFF è diventato una tradizione voluta e organizzata dai direttori artistici  Francesca Romana Vitale e Renato Lombardo, che hanno scommesso al di là di ogni rischio e di ogni ostacolo,  per rendere la città etnea una capitale internazionale del teatro OFF,  puntando sul dialogo fra culture, sul teatro come motore di rigenerazione urbana e sociale,  per creare una connessione tra storie e luoghi, personaggi ed artisti, pubblico e curiosi.

Dal 16 al 26 ottobre, nell’edizione 2025, compagnie provenienti da tutta Italia e dall’estero hanno messo in scena sessantuno spettacoli con duecentosettantadue repliche, in quattordici spazi performativi. Teatri, sale conferenze, pub, nel centro storico e nelle periferie, persino in un paese alle pendici dell’Etna, Mascalucia, si sono aperte accogliendo quella che è una vera rivoluzione culturale. L’atmosfera generale è stata sempre vivace, inclusiva, aperta, fatta di scambi di opinioni, di un passaparola che ha funzionato più di ogni pubblicità, di occasione di incontri anche per un calice di vino o una birra tra amici tra uno spettacolo e l’altro.

Ricchissimo il programma di quest’anno: dal teatro tradizionale alla danza, dal monologo al circo, passando per performance sperimentali.

Il festival si apre ogni anno con una sezione (OFF dell’OFF)  che vede il coinvolgimento sociale e i giovani: laboratori, percorsi formativi, sinergie con scuole e associazioni, che danno anche un risvolto educativo al festival. Particolarmente interessante, per il suo obiettivo di avvicinare i giovani al teatro,  il progetto Studente in giuria.

In generale, camminare per le vie di Catania durante il festival, vedere la città che “respira” arte, incontrare pubblico e artisti, ha un sapore speciale: è l’arte che esce dai luoghi consueti e invade la città.

Se dovessimo fare una classifica fra le proposte viste sarebbe davvero difficile operare una scelta. Sicuramente ci hanno colpito -e affondato- quegli spettacoli di contenuto civile. Due su tutti hanno lasciato il segno: Guernica Bombing (visto al Palazzo del Murgo in piazza Scammacca), testo di Mirko Di Martino interpretato da Orazio Cerino. Con l’occasione di raccontare la genesi del celeberrimo dipinto di Pablo Picasso, l’autore ha ricostruito eventi storici legati alle guerre, ai bombardamenti che hanno coinvolto prima l’Europa e poi il mondo intero dal 1937 (anno del massacro della cittadina spagnola) al 99’,  e poi l’Ucraina e poi Gaza… In scena, a fare da sfondo il quadro in bianco e nero, al centro del palco un narratore appassionato, Orazio Cerino che, con pochi elementi,  come un sacchetto di coriandoli e una scala, riesce a costruire con enfasi crescente e ritmo incalzante,  un percorso di narrazione intenso che si alimenta anche di una sonorità di sottofondo con canti baschi d’epoca e registrazioni da vivo.Subito dopo metteremmo uno spettacolo presentato in prima nazionale nella seconda settimana ( visto da Fab): Notte tempo, di e con Pietro De Nova e Maurizio Zucchi, già “amici” del Fringe Catania.A 50 anni dalla morte di Pasolini,  le sue profezie diventano un’occasione per sottolineare come  il giornalismo sia megafono delle paure di massa.  In un contesto distopico, in un ambiente claustrofobico, gli autori-interpreti (la cui bravura è davvero di difficile definizione) hanno immaginato che in un futuro non troppo lontano, la crisi energetica e i blackout abbiano decretato la fine dell’era digitale. Le notizie sono tornate di carta. E il giornalismo è più che mai il megafono delle paure di massa. In questo scenario, si muove la vicenda di due giornalisti sciacalli che cercano di affermare il senso del proprio mestiere mentre le rotative stampano fogli al ritmo vertiginoso di una catena di montaggio. Il sistema entra in crisi proprio quando due figure misteriose riemergono dal passato insieme alla voce imponente di Pier Paolo Pasolini che aveva vaticinato il crollo del sistema di informazione. Uno spettacolo di denuncia, che parla di attualità, di noi, della storia italiana, di un sistema corrotto e alienante che ci riguarda tutti da vicino. I brividi sono l’effetto inevitabile per l’impatto potente di questo testo sulle coscienze.

Ancora sul fronte del teatro di narrazione e di denuncia e della profezia distopica ci ha colpito molto Lo spettacolo è stato annullato,  (sempre da Fab) di e con Danilo Napoli. In un futuro devastato da cambiamento climatico un attore annulla lo spettacolo in programma e si domanda se recitare, se l’arte tutta,  può ancora avere un senso e se ci sia  qualcuno disposto ad ascoltare laddove “contro il capitalismo non può vincere nessuno”. La vicenda si svolge nel 2156 in un contesto ambientale totalmente deturpato, a tal punto che si  sopravvive con maschere e tute per l’alta temperatura e l’aria priva di ossigeno. La domanda inquietante è perché non si è fatto niente quando si era ancora in tempo? Per esempio nel 2025?

Un testo che ci ha commosso per la sua delicatezza e disarmante   dolcezza lo ha scritto Maddalena Sighinolfi nel monologo Queste calze sono blu e lo abbiamo visto a Piazza Scammacca. Si tratta di un racconto intimo che si serve del supporto musicale di Sabrina Boarino che suona e canta dal vivo e che analizza l’esistenza di un’adolescente che cerca il suo posto nel mondo, la relazione coi genitori e anche un posto tutto suo in casa. Tra palloncini blu e la leggerezza di un’attrice che si muove come una farfalla, una sequenza di ricordi ed introspezioni emotive

La nostra passione per la Commedia dell’Arte ci ha portato a scegliere il monologo di Alceste Ferrari, presso la sala grigia del centro Zo, Zentil Omeni Mei. Un omaggio colto e generoso al Ruzzante e alla tradizione della Commedia dell’Arte, alle giullarate  e al grammellot, la riproposizione dei racconti degli Zanni, nella pantomima di Ferrari si concentra in 55 minuti di teatro tradizionale, quello delle origini, quello popolare ma ormai riconducibile alle sfere colte e di passione filologica.

 

Il fringe 2025 ci ha regalato anche il musical biografico, premiato a livello internazionale,   Josephine (Baker), reinterpretato dalla performer Tymisha Harris, che ha unito cabaret, teatro, danza, trasformismo, burlesque, per raccontare la vicenda personale e pubblica della prima star afroamericana internazionale. Con una potenza di voce degna della famosissima cantante, e con grande abilità nella recitazione, tra toni ironici e passaggi intimi, la Harris si esibisce in danze, spogliarelli, monologhi ma, soprattutto, canzoni eseguite con timbro profondo e tonalità suadenti. I costumi e le luci arricchiscono il racconto.
Affascinate e ammaliante lo spettacolo per bambini Le Voyages fantastiques,  della compagnia francese Les Trottoirs du Hasard,  che nasce per essere rivolto ai bambini ma, per il suo omaggio al cinema muto, per il riferimento ai Viaggi di Verne, e per la costruzione scenica dal sapore antico -quando sul palco si portavano “gli elementi” e l’occhio di bue illuminava l’attore protagonista- per le musiche  accelerate come in un film di Ridolini, è stato un vero momento di svago e di godimento estetico.
Un premio per l’originalità dell’idea e dell’impianto scenico lo dobbiamo riconosce a Ombre, di  e con Giuseppe Innocente,  su musiche di  Angelo Sicurella, dove in cinquanta minuti viene riassunta l’epopea degli abitanti dell’isola di Alicudi. Una comunità di pochi abitanti sfila nel racconto-disegno di Giuseppe Innocente che, con un carboncino in mano e dei fogli ingialliti, con la cadenza di un “cuntista”,  evoca uno dopo l’altro una serie di “amici” immaginari, le “ombre” del titolo,  ai quali dà corpo con in suoi disegni e voce con la sua conversazione. A circondare questa piccola epopea siciliana, il mare che letteralmente racchiude tutto il racconto con una frase: “Tu l’hai mai visto il mare?”

Un’ultima piccola chicca apparentemente leggera, che però ci ha fatto venire le lacrime agli occhi, il monologo Freevola, di e con Lucia Raffaella Mariani (visto da Zo). La giovane attrice in scena si domanda e ci domanda “Cosa vedono gli altri quando ci guardano?”  Una riflessione sui  condizionamenti che l’apparenza, la bellezza e  la magrezza rincorse a tutti i costi, possono ridurre una ragazza, una donna a profondi stati di depressione. Ci è dispiaciuto, come ogni anno, non aver visto di più. Ma lo spirito del Fringe è proprio questo: accendere la curiosità e lasciare il desiderio.

Da questa breve rassegna e anche dall’affermazione di  Francesca Romana Vitale, ci sembra chiaro poter dire che  il Catania Fringe Festival 2025 sia stato un successo coinvolgente, sorprendente, ricco di stimoli, e capace di valorizzare Catania come città aperta all’arte e all’innovazione

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