
La poesia che redime: «La Sicilia salverà il mondo» di Renato Pennisi
La poesia che redime: «La Sicilia salverà il mondo» di Renato Pennisi
Una poesia che non chiede commiserazione, paga di se stessa, che non consola ma esplora l’arido vero: è quella che Renato Pennisi, avvocato-poeta catanese, distilla dal suo «La Sicilia salverà il mondo» appena edito da Interlinea. Questo «vecchiaccio iroso e spazientito/ che scopre di volersi un poco bene» già in «Allancallaria» (Prova d’Autore, 2002) si presentava così nella funambolica contorsione lessicale e sonora del dialetto: «Quasi inosservato sono venuto/ tra tegole lacerate di muschio,/ e calandre scansano/ falò di pece/ sopra piaghe di fuochi d’artificio», offrendo di sè un’immagine semi-stregonesca, artigiano (più che artifex) nel laboratorio-labirinto della Storia, latore di una «saggezza stramba»: la stessa che caratterizza appunto anche questa ultima raccolta. A sostanziarla, insieme all’alternanza tra resistenza e disillusione, basterebbero gli esergo: da Battiato e Quasimodo a John Donne (cui è dedicata addirittura un’intera sezione) fino a Ottiero Ottieri e Zanzotto. «La Sicilia salverà il mondo» è una specie di Odissea: testi composti negli ultimi dieci anni (alcuni addirittura abbozzati negli anni Novanta) e scritti en passant, durante pause di lavoro, viaggi, conversazioni, letture. Ci pare anche questo libriccino una sorta di personalissimo riepilogo delle forme e dei generi poetici, un accostarsi senza fronzoli alla parola: dal poemetto al Salmo, dall’epigrafe apocrifa al sonetto, dalla lirica dedicatoria al dialogo di sapore leopardiano. La prima sezione, che dà il titolo al libro, esprime l’indomabile capacità di rinnovamento dell’isola, nonostante tutto e nonostante – qui s’impenna il dire «civile» di Pennisi – una sinistra impalpabile e sempre più lontana dal reale: «le fabbriche ci sono ancora/ i campi, le serre ci sono ancora/ i fienili, le vacche, le colline/ gli ulivi ci sono ancora/ siete voi che non ci siete più.» Tutto appare in bilico nella post-contemporaneità: la poesia è attestazione di questo momento di passaggio, sacro e simbolico comunque perché attua il recupero della perdita della presenza: è lo scatto ulteriore della poesia a tenere insieme il mondo del poeta la cui presenza è sottoposta al tempo invincibile: non si può vivere con l’illusione delle tecniche, non si può vivere senza memoria storica che è anche coscienza di sé. Ecco allora le improvvise crepe memoriali della sezione più riservata – «L’equilibrio» – e più scopertamente autobiografica: una dimensione intima sostenuta dalla nostalgia, spesso considerata démodé se non pericolosa, specie in poesia, incardinata sul «sapore delle cose passate». E in questo riandare della memoria uno spazio decisivo è destinato a chi non c’è più «perché non muore/ chi entra in una poesia». Se «Linguaggio Ionico» si muove verso una direzione estetica, dedicata al tema della comprensione del mondo, nella sezione finale – «Spiriti» – compare il mistero della vecchiaia, della malattia, dell’inevitabile fine da affrontare senza paura. Questa dimestichezza con il nulla interiore – «sono stanco/ ma di una stanchezza insoddisfatta/ e mi ripiego come altre volte» – questa sorta di arroccamento, si declina anche in momenti assolutamente quotidiani e prosaici ma salvifici quando appunto il poeta, ostile al mondo e a tutti, è finalmente «barricato nel cesso». In un crescendo in cui si dipana l’idea della vita come «una tumefazione», «un’escrescenza del nulla» l’opera di Pennisi attraversando le tracce contrastanti dell’ombra e della luce, della gioia e della disperazione, del nascere e del morire, dell’ironia e del dramma si offre per conservare una traccia attraverso la presenza altissima della parola.
Renato Pennisi, «La Sicilia salverà il mondo», Interlinea, Novara, 2025, euro 14,00
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